In un mondo dove l’ansia da prestazione e le pressioni sociali sembrano non dare tregua, vi sentite mai sopraffatti dal ruolo di "genitore elicottero" che sorvola ogni mossa dei propri figli, o al contrario, persi e in colpa nel lasciarli navigare da soli senza bussola?
Il pediatra americano Kenneth R. Ginsburg, autore di Lighthouse Parenting: Raising Your Child with Loving Guidance for a Lifelong Bond ci offre una via di mezzo illuminante: la genitorialità del faro.
Si basa su un’immagine bellissima e chiarissima: il genitore non è un elicottero (che controlla tutto dall’alto), né una motoslitta (che spiana ogni ostacolo), né un sottomarino (che sparisce). Nel mare della vita in cui il bambino naviga come una barca, il genitore è un faro:
- È sempre lì, presente, visibile e stabilePerché è così importante oggi? Perché i nostri bambini crescono in un mondo pieno di "mi piace" immediati, aiuti facili e adulti che spesso spianano ogni ostacolo. Risultato? Quando arriva la prima vera difficoltà (un 5 in matematica, un amico che li esclude) rischiano di andare in pezzi.
Ginsburg spiega che questo stile genitoriale contrasta la “cultura tossica del successo”, dove i bambini sono valutati solo per i loro traguardi. Invece, il Lighthouse Parenting costruisce un legame profondo, basato su chi sono i vostri figli, non su cosa realizzano.
È un antidoto gentile contro l’ansia generazionale, che aiuta i ragazzi a esplorare il mondo sentendosi sicuri di avere un “porto sicuro” a cui tornare.
I 7 PILASTRI DEL LIGHTHOUSE PARENTING
1. Le famiglie come fonte di sicurezza, sempre
Tutto parte dalla fiducia. I figli devono sapere, nel profondo, che li ameremo sempre, qualunque cosa facciano o non facciano e che siamo il loro rifugio costante. Create quindi routine di connessione quotidiana, come un abbraccio mattutino, un gioco o una chiacchierata serale, per far sentire che "casa" è un luogo di pace, anche e soprattutto nelle tempeste della vita.
2. Rispetto e ascolto autentico
Anche quando sbagliano o ci fanno arrabbiare, i ragazzi hanno bisogno di sentirsi capiti. Ascoltare senza interrompere, validare le emozioni ("Capisco che sei furioso, è normale") crea fiducia. I bambini resilienti sanno riconoscere e nominare quello che provano; per questo motivo è importante insegnare a riconoscere e dare un nome alle emozioni (Emotion Coaching), ad esempio con la tecnica in 4 passi:
- Notare l’emozione (“Vedo che sei arrabbiatissimo”)
- Considerarla un’opportunità di intimità (“È normale sentirsi così”)
- Ascoltare e validare (“Dimmi tutto, ti ascolto”)
- Aiutare a etichettare e (solo dopo) cercare soluzioni insieme.
3. Lasciare spazio all’autonomia, un passo alla volta
Il faro non impedisce alla barca di navigare. I genitori-faro accompagnano i figli a prendere decisioni sempre più grandi, partendo dalle piccole (“scegli tu cosa mettere nello zaino”) fino alle grandi (“scegli tu l’università, ti sosteniamo qualunque sia la tua strada”). Questo include anche lasciare spazio al “disagio tollerabile”, poiché la resilienza si allena solo se il bambino sperimenta piccole frustrazioni controllate. Esempi quotidiani:
> 3-5 anni: lasciarlo provare a infilarsi le scarpe da solo anche se ci mette 10 minuti
> 6-9 anni: fargli portare giù la spazzatura da solo (anche se ha paura del buio sul pianerottolo)
> 10-13 anni: non intervenire subito se litiga con un amico, ma aiutarlo dopo a riflettere.
4. Insegnare, non salvare
Invece di correre a risolvere ogni problema, aiutiamoli a sviluppare le competenze per farlo da soli. Esempio: il compito non fatto? Invece di farlo noi la sera prima, sediamoci accanto e chiediamo: “Come pensi di organizzarti domani?”
Lasciamo che i nostri figli assumano responsabilità crescenti, con le relative naturali conseguenze, ad esempio:
> 5-7 anni: se dimentica la merenda, la prossima volta la fame gli ricorderà di controllare lo zaino
> 10-13 anni: se spende tutta la paghetta il primo giorno, non dare altri soldi subito, in modo che impari il valore del denaro e a pianificare le proprie spese
5. Stabilire confini chiari e coerenti
Il faro avverte degli scogli: “Qui è pericoloso”. Le regole ci sono, sono poche ma non negoziabili (sicurezza, rispetto, salute). E quando si infrangono, le conseguenze sono logiche e proporzionate, non punitive.
6. Essere modello di resilienza
I figli imparano guardando noi. Se noi cadiamo e ci rialziamo senza drammi, se gestiamo lo stress con calma, se chiediamo scusa quando sbagliamo...stiamo insegnando la lezione più potente.
7. Coltivare le “isole di competenza”
Ogni ragazzo deve scoprire in cosa è bravo. Non tutti sono bravi a scuola, ma magari sono fantastici nel disegnare, nel consolare un amico o nel montare un mobile in 10 minuti. Aiutiamoli a scoprire e nutrire le loro isole, perché sono il serbatoio da cui attingere nei momenti “no”.
UN PAIO DI SEMPLICI ESERICIZI DA PROVARE
Provate per una settimana a tenere un “diario del faro”. Ogni sera, annotate un momento in cui avete “illuminato” il cammino di vostro figlio, senza interferire "salendo sulla barca".
Oppure, scegliete un piccolo compito che di solito fate voi al posto loro (allacciare le scarpe, preparare lo zaino per la scuola…) e provate a fare un passo indietro. Soprattutto, osservate la faccia di vostro figlio quando ce l’avrà fatta da solo.
FRASI-TIPO DA GENITORE "FARO" (DA TENERE SUL FRIGO)
- “Sono qui con te, anche se è difficile.”
- “Cosa provi in questo momento? Raccontami.”
- “È ok sbagliare, è così che si impara.”
- “Vai pure, esplora: io sono qui se hai bisogno.”
- “Come possiamo fare insieme il prossimo passo?”
- “Mi fido che troverai un modo.”
- “Ti vedo che ce la stai mettendo tutta, sono orgogliosa di questo.”
Ginsburg ci ricorda che non si tratta di essere perfetti ma di diventare una presenza stabile, calda e affidabile - proprio come un faro che guida le barche nei momenti difficili, senza mai salire a bordo.
Pronti ad accendere la vostra luce?
A cura di: Kekibu
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08 Dicembre 2025
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