La scuola costituisce un ganglio nervoso della società perché vi convergono tutte le contraddizioni: il rapporto tra passato, presente e futuro; l’incontro tra generazioni; le differenze di classe sociale, il divario tra cittadini e immigrati nonché le particolari tradizioni regionali e familiari. Il focus è rappresentato dalla relazione fra genitori e insegnanti, tra il mondo privato della famiglia e quello pubblico della scuola.
Le maggiori difficoltà nella relazione genitori-insegnanti non avvengono nella scuola primaria, con maestre e maestri, ma con i professori. Difficoltà che si aggravano nel procedere dalle secondarie di primo grado a quelle di secondo grado, soprattutto negli istituti tecnici e nei licei tecnici e scientifici.
QUANDO GENITORI E DOCENTI S’INCONTRANO...E SCONTRANO
Sino a qualche generazione fa, di fronte alle lamentele degli alunni, vigeva un principio inderogabile: gli insegnanti non si discutono. I ragazzi si devono adattare alla scuola, non viceversa. Ma ora il malessere degli alunni è tale da autorizzare riflessioni ed eventuali interventi.
In situazioni di disagio diffuso, è impossibile sottrarsi al confronto scuola-famiglia. Si moltiplicano tanto i colloqui riservati ai genitori di ogni alunno quanto quelli programmati per l’intera classe. Dall’osservazione di colloqui di classe in cui si discute di docenti problematici e di allievi sofferenti, sembrano emergere cinque figure di genitori. Quasi sempre intervengono le madri, il che comporta alti livelli di coinvolgimento affettivo ed emotivo.
1. Gli assenti, genitori che si trovano nell’impossibilità (per problemi organizzativi oppure economici, culturali e sociali) di seguire il percorso scolastico dei figli. Una carenza che genera, soprattutto nei casi di incultura ed emarginazione, un’alta percentuale di insuccessi e di abbandoni scolastici. Le zone più coinvolte sono le regioni del Sud e le grandi periferie urbane.
2. Gli spaventati, genitori delusi e scontenti degli insegnanti che, per paura di ritorsioni, tacciono e, anche se apparentemente presenti alle riunioni, di fatto si sottraggono al confronto. Di conseguenza i figli possono trovarsi a gestire da soli situazioni difficili e per lo più, rinunciando a esporre le loro esigenze, richiamano l’attenzione con comportamenti provocatori: bullismo, frasi irrisorie, messaggi offensivi sul social.
3. I consenzienti, genitori che per ideologia e stile di vita sono convinti che, poiché viviamo in una società dura e competitiva, è giusto che bambini e ragazzi si allenino a lottare e soffrire per raggiungere il successo. Si alleano allora con gli insegnanti più esigenti anche se punitivi e frustranti. Con il rischio che questa mentalità produca ingranaggi del mondo del lavoro, individui rivolti al successo professionale anche a scapito dei loro desideri e dei loro talenti. Senza considerare che una buona vita non nasce mai dal narcisismo ma dal bene comune.
Infine, l’opposizione esplicita dei genitori nei confronti di insegnanti che ritengono non solo inadeguati ma dannosi può esprimersi in due differenti intenti.
4. I narcisisti: difendo mio figlio sempre e comunque perché è figlio mio, mi appartiene e nessuno può permettersi di farlo soffrire. Protagonista di questa opposizione frontale è per lo più la mamma, anzi la super-mamma, avvocato difensore della sua creatura, condannata così a una perpetua immaturità.
5. I responsabili. Vi è infine la sofferta scelta di quei genitori che, dopo aver constatato che un insegnante è gravemente inadempiente per problemi personali o impreparazione professionale, espongono motivandole le proprie ragioni. Non da soli ma coinvolgendo il rappresentante di classe e gli altri genitori. La loro motivazione non è solo il disagio di un allievo ma il malessere di tutta la classe. Meglio coinvolgere anche il Preside, spesso travolto da una caterva d’impegni burocratici che lo sottraggono ai compiti didattici.
Fonte: Conflitti, rivista italiana di ricerca e formazione psicopedagogica a cura di CPP-Scuola Genitori
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02 Settembre 2024
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