Il gioco è il lavoro del bambino, è un suo diritto! Questo è quanto espresso dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la quale pone il gioco come fondamento della vita dei minori. Attraverso tale attività, infatti, si può esplorare il proprio mondo interno fatto di emozioni e sentimenti, elaborare vissuti e conoscere l’ambiente esterno con cui ci si pone in relazione: vi è quindi, e certamente, un effetto benefico del gioco sul benessere psico-sociale del soggetto.
Di per sé, il gioco si è evoluto nel tempo e negli spazi: a partire dalle campagne, dove le iniziative si svolgevano per strada o a cavallo, fino alle città, con lo sviluppo e l’affermazione del cortile, un luogo familiare ma grido di libertà dei più giovani. Nel secolo attuale, poi, abbiamo assistito all’avvento della tecnologia e, con essa, anche di originali forme di gioco che si intersecano con le novità figlie dei nostri tempi, come la graduale opacizzazione delle interazioni in cortile e la precocità delle fasi di sviluppo, trasformando anche le tipologie di attività ricreative scelte. Ecco che nascono i videogiochi: un mondo virtuale fatto di grande ingegno e fantasia. Essi offrono un insieme di regole e dinamiche condivise solo da chi entra in questo contesto, nel quale, per il coinvolgimento che esercita, tutto il resto a volte sembra rimanere fuori. Spesso i videogiochi sono demonizzati oppure, al contrario, estremamente valorizzati. È bene allora trovare un punto di mediazione su ciò, che in fondo, fa da protagonista nell’universo ludico dei tempi moderni.
Il gioco virtuale tende innanzitutto a seguire le linee evolutive, riservando ai più piccoli attività che dovrebbero soprattutto sviluppare le abilità cognitive e promuovendo per i più grandi la libertà di fantasticare dietro una rappresentazione video-grafica di una corsa di macchine, piuttosto che di una partita di calcio. Essendo costruita in modo particolare, con sempre maggiore dettaglio e precisione, tale grafica è attrattiva e cattura l’attenzione. La ricerca, poi, ha dimostrato come alcuni videogiochi possano aiutare a sviluppare i sensi, la reattività e le abilità di problem-solving, dato l’allenamento all’utilizzo di joystick e manovre per vincere la partita. Non dimentichiamo, però, che l’iper-stimolazione fornita da altri videogame, così come un loro utilizzo esagerato e/o improprio in base all’età, potrebbero essere dannosi per uno sviluppo sano della capacità di autoregolazione. Essendo il videogioco una rappresentazione realistica, ma non reale, è bene inoltre accompagnare i giovani a una differenziazione tra i confini della fantasia e della realtà, per evitare che, soprattutto in adolescenza, vi possa essere una reclusione nel virtuale.
A tal proposito, il delicato momento che stiamo vivendo potrebbe ancor di più aver allentato i limiti nella fruizione di questo medium, per via della permanenza a casa e della noia difficile da colmare. Sarebbe utile lasciare che i giovani si sentano compresi nel bisogno di un richiamo alla fantasia e all’intrattenimento del videogioco, ma anche aiutarli a ristabilire dei confini e delle regole.
Nella prospettiva del rapporto tra grandi e piccini, è interessante poi notare come molte attività ludiche dei bambini – dalla cucina al negozio – rappresentino il mondo adulto: difatti i più piccoli spesso giocano per sentirsi grandi mentre, con un ribaltamento, gli adulti possono giocare per tornar bambini. E gli adolescenti? Essi vivono in una fase evolutiva che li pone nel limbo tra la nicchia familiare e il bisogno di differenziarsi. Di per sé, il videogioco può essere forse la mediazione tra i due mondi: solido nella sua struttura e praticato soprattutto a casa, ma flessibile nella fantasia che promuove e che, a seconda del contenuto, viaggia tra l’infanzia e l’età adulta.
In conclusione, è importante lasciare ai giovani il diritto a nuove forme di giocare, come i videogame in quanto facenti parte della loro generazione, pur mantenendo delle regole che vadano a contenere il loro uso e a calibrare la vita sociale fuori dal contesto domestico. I disagi che provengono dall’ab-uso di videogiochi, quali agitazione motoria o aggressività, potrebbero essere infatti dovuti, oltre che alla iper-stimolazione, alla mancanza di tali limiti, che sicuramente però non sono facili da stabilire e da discutere con i ragazzi. Per questi ultimi, è bene anche non dimenticare il gioco che si può praticare offline, fatto appunto di relazioni a tu per tu, e tutti gli elementi virtuosi che comporta, tenendo presente che è possibile integrarlo alle nuove modalità ludiche, lasciando così la possibilità di muoversi con libertà, eppur con confini, tra fantasia, reale e virtuale.
A cura di: Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
21 Gennaio 2022